Licenze e brevetti, elementi trascurabili nell’automazione?

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Per essere in regola con i diritti di terzi è importante prendere in seria considerazione il tema delle licenze e dei brevetti per il software e le comunicazioni, non cadendo nella tentazione di catalogarli come questioni “accademiche”.
I brevetti sui sistemi di comunicazione basati su Ethernet industriali, tra tutti, rischiano di diventare vere bombe a orologeria se valutati con leggerezza.


SONDAGGIO

cbeA spingere le aziende a una accurata analisi non è soltanto l’intenzione di essere in regola con i diritti di terzi, ma anche la necessità di assicurarsi una semplice gestione di licenze e brevetti dei propri sistemi. Quel che si teme, comprensibilmente, è di ipotecare il futuro delle proprie macchine e sistemi di automazione incorrendo in dispute legali, che non solo rischierebbero di bloccare la commercializzazione dei propri prodotti, ma di minare la reputazione e la credibilità dell’azienda.

Perché allora non essere sicuri di rispettare i requisiti legali, adottando soluzioni software open source, che permettono anche di semplificare in modo significativo l’ottemperanza a licenzee brevetti?

Le macchine di produzione stanno diventando via via sempre più modulari e impongono la presenza di automazione distribuita. Di conseguenza è essenziale una comunicazione real-time rapida e affidabile tra i vari componenti del controllo come CPU, I/O, azionamenti, moduli di sicurezza, sensori e altri dispositivi come telecamere o encoder. L’Ethernet industriale è ormai uno standard per il livello fisico delle comunicazioni, grazie anche alla ampia disponibilità sul mercato di componenti poco costosi ed elevate prestazioni. Ai livelli superiori si deve scegliere quale protocollo real-time adottare.

Tutti i protocolli industriali sono stati originariamente creati dai produttori di sistemi di automazione; fra questi solo alcuni possono essere utilizzati liberamente e legalmente da altri produttori di apparecchiature o sistemi.

Gruppi di utenti e organi amministrativi, incaricati di controllare i diversi protocolli, stanno incoraggiando con successo i produttori di automazione periferica (ad es. sensori) a connettere i propri prodotti alla rete Ethernet industriale come nodi slave.

14037765-3d-open-source-word-sphere-on-white-backgroundL’apertura verso altri sistemi, ovvero verso potenziali concorrenti, è però una tendenza del tutto nuova. Un esempio concreto di tale trend è quello intrapreso dai membri dell’EPSG (Ethernet POWERLINK Standardisation Group) nel 2008, quando hanno rilasciato implementazioni POWERLINK di tipo master e slave sotto licenza open source. La facile accessibilità di un protocollo standard di comunicazione real-time ad alta velocità ha dato una forte spinta al suo utilizzo nell’automazione della produzione. Parlando di standard oggi è più che mai importante confrontarsi con ogni regione del globo e prima fra tutte la Cina dove POWERLINK soddisfa i più alti requisiti degli standard di comunicazione di classe National (GB/T 27960-2011).

Per essere open source non basta pubblicare il codice

Nonostante la grande varietà di Ethernet Industriali, è sorprendente che soltanto un protocollo sia disponibile come software open source (ndr – si riferisce a POWERLINK). – Afferma Carsten Emde, General Manager dell’Open Source Automation Development Lab (OSADL) – Certo si possono trovare alcuni protocolli con codice pubblicato, ma solamente una totale implementabilità e una chiara struttura di licenze aperte può identificare, a pieno diritto, un protocollo come open source.

Emde si riferisce non solo alla chiarezza, alla documentazione e alla buona strutturazione del codice pubblicato, ma anche alla disponibilità strumenti che permettono agli sviluppatori di implementare in modo agevole e consapevole il proprio software, a partire da quelle basi open source pubblicate. In questo modo gli applicativi rimarranno “vivi” e modificabili per un lungo periodo di tempo, fatto questo indispensabile per i produttori di apparecchiature di automazione, dal momento che i loro prodotti sono stati ideati per essere utilizzati su sistemi con vita media lunga decenni.

Capiamo meglio le licenze open source

6516630-countdownOra è chiaro come la disponibilità del codice sorgente sia un requisito necessario ma non sufficiente per poter qualificare il software come open source.

Le licenze open source come la GNU GPL (General Public License), sotto cui vengono rilasciati i kernel Linux prevedono una clausola per la trasmissione automatica delle condizioni della licenza originale a tutti i prodotti derivati, sono dette quindi di tipo copyleft.

Per l’integrazione all’interno delle applicazioni di sistema, il software open source, viene invece generalmente regolato da licenze che consentono di trasferire al prodotto derivato licenze differenti da quella originale. In questo modo i fornitori di componenti o i produttori di macchinari hanno modo di tutelare la loro proprietà intellettuale e il loro know-how applicativo. Una licenza di questo tipo molto nota è la BSD (Berkeley Software Distribution).

Bombe a orologeria

In entrambi i casi, che si propaghino le condizioni di licenza originali oppure no, la licenza open source garantisce in maniera illimitata l’uso, la modifica, il trasferimento, l’analisi e la correzione del software sotto licenza. Queste clausole contrattuali, ideate originariamente per tutelare gli utenti del software open source e regolate da OSI (Open Source Initiative), stabiliscono che “non è lecito fissare ulteriori limiti nell’applicazione dei diritti garantiti o stabiliti dalla presente licenza”. Questo si traduce nel fatto che i diritti di brevetto non vengono violati in seguito alla creazione, utilizzo, vendita o importazione del programma o di qualsiasi sua parte; questo perché il diritto di sfruttamento di tutti i brevetti associati alla tecnologia sotto licenza viene automaticamente trasferito ai prodotti derivati, senza costi e senza discriminazione di alcun tipo.

Nella maggior parte dei casi, -spiega Carsten Emde, richiamando l’attenzione su un fatto poco conosciuto – gli utilizzatori di Ethernet in ambiente industriale non possiedono i brevetti associati alla tecnologia di comunicazione. Questo non permette loro di trasferire legalmente i diritti di utilizzo del brevetto. Il fatto stesso di non possederne i diritti legali rende non valida l’intera licenza del software costruito su tale tecnologia di proprietà di terzi, anche se erroneamente definita come open source”.

Spesso, confidando nel fatto che le aziende interessate a diffondere il loro sistema non sporgeranno querela, si ignorano le questioni brevettuali. Questo può sembrare un rischio piuttosto contenuto a prima vista ma…

Cosa succederebbe se un’azienda fornitrice di tecnologia si trovasse ad affrontare problemi economici e decidesse di trarre profitto dai suoi brevetti?

Cosa accadrebbe a un sistema se a un fornitore di tecnologia subentrasse un’altra azienda – magari concorrente – che volesse far adottare un protocollo diverso?

Al sicuro dalle minacce legali

Il protocollo Ethernet industriale deve essere disponibile come software open source e non nascondere trappole. Ancora una volta prendiamo a esempio POWERLINK che è l’unico protocollo con software rilasciato sotto licenze BSD certificate ed è distribuito dal detentore di tutti i diritti di copyright e di brevetto.

In questo modo i programmatori di sistemi ottengono la totale libertà legale dall’ideatore/sviluppatore del protocollo. Gli utenti della licenza BSD hanno pertanto facoltà di utilizzare e integrare liberamente il software, vendendo i sistemi basati sul software di comunicazione originale senza però dover divulgare il codice sorgente della porzione da loro aggiunta. In questo modo gli utenti ottengono una protezione praticamente illimitata per il loro investimento in strumenti di sviluppo e ingegnerizzazione.

L’indipendenza dal fornitore e la possibilità di tutelare la proprietà intellettuale sono le ragioni che hanno convinto gli integratori di tecnologie per l’automazione a optare per il software open source. Lo sviluppo continuo di soluzioni per diverse piattaforme (Linux, Windows, VxWorks), avanzati strumenti di configurazione, oltre alla integrazione con bus e funzioni di sicurezza (sempre sotto licenze BSD), hanno creato un fertile ecosistema di produttori di PLC, drive, robot, sistemi di visione, di sicurezza, sensori e attuatori che comunicano tra loro su un bus aperto a elevate prestazioni.

I sistemi proprietari riguardano il passato, il futuro appartiene alle soluzioni aperte e indipendenti dai fornitori

oto di Carsten Emde (http://www.osadl.org/cbe.jpg):

DIDA: Carsten Emde, General Manager dell’OSADL, un organo indipendente finalizzato a promuovere e sostenere l’utilizzo del software open source nell’industria di automazione e nei sistemi embedded.

Si possono trovare alcuni protocolli con codice pubblicato, ma solamente una totale implementabilità e una chiara struttura di licenze aperte può identificare un protocollo come open source”.

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